1. Premessa
Il diffondersi della crisi sanitaria connessa all’epidemia di Covid-19 in Cina e nell’estremo oriente dalla seconda metà di gennaio 2020 e successivamente a fine febbraio nei paesi europei, proprio a partire dall’Italia e poi negli stati uniti a Marzo, sta determinando uno choc di dimensioni inimmaginabili all’economia italiana ed internazionale[1]. Il governo Italiano per primo, dopo la Cina, per arginare la diffusione del virus ha emanato stringenti quanto eccezionali provvedimenti di distanziamento sociale e sospensione delle attività economiche e sociali (lockdown), con ciò provocando immediate e rilevanti ricadute economiche in termini di riduzione dei volumi di produzione e fatturato e dell’occupazione. Molti altri grandi paesi occidentali stanno seguendo la linea della chiusura generalizzata di gran parte delle attività già intrapresa dall’Italia.
Lo shock oltre che sull’offerta si sta manifestando su tutte o quasi le componenti della domanda. Solo i consumi essenziali, la sanità, la chimica e farmaceutica, le telecomunicazioni e la logistica, oltre che la domanda pubblica mantengono spazi di mercato. Nello scenario di grave crisi globale, in Cina da fine Marzo hanno cominciato, però, a riattivarsi le imprese e la produzione industriale e si è manifestata una prima ripresa dei consumi.
A inizio Aprile 2020 in Italia e nel resto dei paesi occidentali continua a permanere ancora una assoluta incertezza sull’evoluzione, sui tempi e sulle modalità di rientro dell’emergenza sanitaria mentre sono ormai già evidenti gli effetti negativi sistemici sull’economia.
2. Le Previsioni per l’economia italiana nel contesto della Crisi globale da COVID-19
Tutte le analisi delle agenzie e delle istituzioni economico-finanziare e statistiche concordano sul descrivere impatti economici della crisi sanitaria decisamente negativi: sulla magnitudo effettiva molto dipenderà dalla durata dell’emergenza sanitaria. L’Istat ha già cominciato a misurare gli effetti delle sospensioni per decreto delle attività, stimando un calo dell’occupazione nell’ordine del -34% nel periodo di chiusura mentre la quota di valore aggiunto sospesa è pari al 43 % del volume totale. E’ evidente che le sole misure di stop ella produzione stanno già avendo un effetto dirompente sull’economia.
Il Centro Studi Confindustria ha prodotto una prima stima della riduzione del PIL per i prossimi mesi. Nell’ipotesi di una progressiva ripartenza delle attività sospese a partire da fine aprile e di un allentamento progressivo delle misure di distanziamento e isolamento sociale, con un ritorno ad una completa riattivazione delle attività alla fine del secondo trimestre 2020, la caduta del PIL nel secondo trimestre rispetto a fine 2019 sarebbe comunque attorno al 10%.
Guardando al 2020 nel suo complesso, il Centro Studi Confindustria ha ipotizzato, invece, un calo del PIL pari al -6,0%, grazie ad un parziale recupero dell’economia nel secondo semestre e sempre nell’ipotesi che la fase acuta dell’emergenza sanitaria termini appunto a maggio. La stima prevede che ogni settimana aggiuntiva di blocco normativo delle attività produttive possa determinare un calo ulteriore di Prodotto Interno Lordo dell’ordine di almeno lo 0,75% punti di PIL.
L’IFO uno dei principali istituti di analisi economica tedeschi stima dal canto suo che la chiusura parziale dell’attività economica in Italia della durata di due mesi ridurrà il PIL nel 2020 tra gli 8,0 ed i 13 punti percentuali.
Secondo il Centro Studi Confindustria gli investimenti delle imprese saranno la componente del PIL più colpita nel 2020 (-10,6%). Il Calo della domanda, l’aumento dell’incertezza, la riduzione del credito, le chiusure forzate dell’attività hanno già portato gli investimenti privati ad un vero e proprio crollo e l’andamento proseguirà lungo tutta la prima metà di quest’anno.
Anche l’export dell’Italia subirà una forte penalizzazione (-5,1% nel 2020). Peseranno la riduzione negli scambi mondiali, nelle filiere di produzione nei paesi europei e le difficoltà produttive e logistiche mentre, concorrenti esteri potrebbero approfittare delle attuali difficoltà della manifattura italiana per sottrarre quote di mercato.
Fortemente colpiti sono e continueranno ad essere i consumi delle famiglie con la spesa privata che risulterà decisamente inferiore rispetto a quella dell’anno scorso (-6,8%) : il calo si manifesterà soprattutto nell’abbigliamento, trasporti, servizi ricreativi e di cultura, servizi ricettivi e di ristorazione.
3. Il Quadro nazionale ed internazionale nel 2019
Nel 2019 l’Italia ha evidenziato un andamento economico molto debole con una dinamica che è andata peggiorando nel corso dell’anno. Nel quarto trimestre il prodotto interno lordo (Pil), misurato in termini reali è sceso dello 0,3% rispetto al trimestre precedente mentre il tasso di variazione tendenziale del Pil si è azzerato.
Considerando l’economia nel suo complesso anche il valore aggiunto in volume ha registrato nel quarto trimestre una contrazione congiunturale (rispetto al trimestre precedente) dello 0,3%. L’industria in senso stretto e le costruzioni hanno evidenziato andamenti ancora più deboli con valori rispettivamente pari a -1,3% e -0,7%.
Sempre nell’ultimo trimestre dell’anno i servizi hanno fatto registrare un calo decisamente più contenuto (- 0,1%) con la riduzione che ha colpito soprattutto le attività Finanziarie e assicurative (-0,4%), le Attività Professionali (-0,7%) e l’Amministrazione pubblica, Difesa, Istruzione e sanità (-0,3%); mentre all’opposto si sono registrati andamenti positivi nei comparti dell’Informazione e Comunicazione (+ 0,8%), Attività immobiliari (+ 0,3%). Andamento in maggiore recupero nell’agricoltura (+ 1,4%).
Con riferimento all’intero anno l’industria in senso stretto ha subito un calo dello 0,4%, a fronte di una crescita del 2,1% nell’anno precedente. Le contrazioni più significative si sono prodotte nell’industria tessile e dell’abbigliamento (-4,4%), nelle attività metallurgiche (-2,3%) e nella fabbricazione dei mezzi di trasporto (-1,7 %). Nonostante il calo dell’ultimo trimestre il settore delle costruzioni ha segnato la prestazione migliore tra i grandi comparti industriali, con un incremento del 2,6%. Per quanto riguarda i servizi, considerando l’intero 2019 il settore nel suo complesso ha evidenziato un aumento molto moderato come attesta la crescita pari allo 0,3%. A fronte del commercio all’ingrosso e al dettaglio che sono risultati in calo, in un quadro di dinamica complessiva molto debole, sono emersi andamenti positivi nelle attività immobiliari (+ 1,7%), ed in quelle artistiche e di intrattenimento (+1,2% e + 1,1%).
Per quanto riguarda l’economia internazionale nel 2019 il PIL complessivo è risultato in crescita del 2,9% con un andamento in calo rispetto al 2018 quando la crescita del Pil mondiale era stata pari + 3,6%. Ha pesato sull’andamento meno dinamico l’elevata l’incertezza dovuta all’escalation dei conflitti tariffari, alle turbolenze geopolitiche ed all’hard Brexit. Ne hanno risentito la crescita del commercio mondiale, gli investimenti e la produzione industriale. Nell’area dell’euro dopo un avvio di anno caratterizzato da tassi di crescita in aumento, dal terzo trimestre del 2019 si è registrato un rallentamento. La decelerazione dei ritmi produttivi ha iniziato a riflettersi anche sulla dinamica dell’occupazione (+0,1% nel terzo trimestre rispetto a +0,3% del primo). La disoccupazione, invece, negli ultimi mesi dell’anno ha continuato a mantenersi sui livelli minimi dal 2008 (7,4% a dicembre).
Per quanto riguarda Il Pil dell’area Euro in base alle previsioni di dicembre della Commissione europea, la stima nel 2019 indicava una crescita pari all’1,1% in decisa decelerazione dall’1,9% del 2018.
4. L’andamento dell’occupazione in Italia nel 2019
Nel 2019 l’occupazione in Italia ha registrato un incremento di +145 mila unità raggiungendo quota 23.356 migliaia pari a +0,6% . L’andamento ha evidenziato dunque un rallentamento rispetto al +0,8% registrato nel 2018 e al +1,2% del 2017. Il tasso di occupazione è salito al 59,0% (+0,5 punti) superando il valore massimo del 2008. L’aumento dell’occupazione ha interessato soprattutto il lavoro alle dipendenze (+152 mila, +0,8%) con un incremento leggermente più forte per il tempo indeterminato (+0,9%) rispetto al tempo determinato (+0,7%). Nel 2019 per il nono anno consecutivo è proseguito il calo degli indipendenti (-7 mila, -0,1%), anche se a ritmo rallentato rispetto agli anni precedenti. La crescita dell’occupazione è stata, però, quasi tutta spiegata (in nove casi su dieci) dall’aumento dell’occupazione part time (+ 130 mila, +3,0%) mentre per la prima volta in cinque anni, si è quasi arrestata la crescita del tempo pieno (+15 mila, +0,1%). È proseguita in particolare la crescita del part time involontario (+90 mila, +3,3%) tanto che il gruppo ora si attesta al 64,2% dell’ occupazione a tempo parziale e pesa per il 12,2% di quella totale.
La crescita dell’occupazione ancorché segnata dall’aumento del part time involontario, ha determinato una riduzione del numero dei disoccupati (-174 mila, pari a -6,3%), e una riduzione del tasso di disoccupazione che nel 2019 è sceso al 10,0% (-0,7 punti in un anno) pur mantenendosi ben al di sopra dei valori dell’area Euro.
Nel 2019 è sceso anche il numero di inattivi con una riduzione di -87 mila, pari a -0,7%, che in realtà è stata meno marcata rispetto al calo registrato nell’anno precedente.
Dal lato dell’offerta, nel 2019 le posizioni lavorative dipendenti sono complessivamente aumentate dell’ 1,6% rispetto all’anno precedente. L’incremento è stato lievemente maggiore nei servizi (+1,8%) che nell’industria (+1,3%). Rispetto al totale delle imprese con dipendenti, il monte ore lavorate è aumentato nel 2019 dell’ 1,6% come risultato di un incremento dell’ 1,1% nell’industria e dell’ 1,9% nei servizi.
Le ore lavorate per dipendente sono diminuite dello 0,5% nel totale delle attività economiche considerate, con decrementi analoghi sia nell’industria che nei servizi.
Nel 2019 le ore di Cig utilizzate sono state 6,7 ogni mille lavorate nel totale dell’industria e servizi (+0,7 ore ogni mille), 12,7 nell’industria (+0,8 ore ogni mille) e 2,9 nei servizi (+0,8 ore ogni mille). L’incidenza dello straordinario sulle ore lavorate è diminuita di 0,1 punti percentuali sia nel totale delle attività economiche considerate sia nel settore dell’industria, mentre è rimasta invariata nei servizi.
Nelle totale imprese con dipendenti il tasso di posti vacanti medio annuo nel 2019 è pari all’1,4% per il complesso delle attività economiche, e all’1,3% e all’1,5% rispettivamente nell’industria e nei servizi.
Rispetto all’anno precedente il tasso di posti vacanti è aumentato di 0,1 punti percentuali nel totale delle attività economiche, rimasto invariato nell’industria e aumentato di 0,1 punti percentuali nei servizi.
Nel 2019 si è osservato, per il costo del lavoro, un aumento del 2,2% per il complesso delle attività economiche, con una crescita pressoché equivalente nell’industria (+2,2%) e nei servizi (+2,1%). E’ proseguita per il terzo anno consecutivo la crescita degli oneri sociali (+3,7%) nel complesso dell’industria e dei servizi, dopo due anni di calo associato alle nuove assunzioni a tempo indeterminato. La crescita degli oneri sociali registrata nel 2019 è lievemente più sostenuta nei servizi (+3,9%) che nell’industria (3,6%). Anche le retribuzioni di fatto, in media nel 2019, sono interessate da una crescita, pari all’1,6% nel complesso delle attività economiche, con una dinamica equivalente nell’industria e nei servizi.
[1] All’inizio del 2020 prima che la crisi connessa con l’epidemia di Covid-19 cominciasse a colpire la Cina, gli indicatori congiunturali avevano in realtà mostrato un certo recupero a livello nazionale, in un contesto di ripresa continentale europea. L’indice della produzione Industriale, aveva registrato a gennaio 2020 un forte rimbalzo rispetto al calo di dicembre, portandosi su un livello significativamente superiore a quello dei deboli mesi autunnali del 2019. Ancora più forte è emerso il recupero del settore delle Costruzioni, la cui Produzione ha toccato a gennaio 2020 un Livello superiore del 5% rispetto al livello del gennaio 2019.