Per gli Italiani il consumo alimentare durante il lockdown ha rappresentato un importante ancoraggio allo stile di vita del passato in un quadro esistenziale complessivamente stravolto. Il consumo di prodotti alimentari è aumentato, infatti, per quasi il 55% degli intervistati, mentre il 38,3% dei rispondenti ha mantenuto il proprio livello di acquisto di generi alimentari. A fronte di questo ampio sostrato di popolazione che mantiene sostanzialmente il proprio standard, si rileva tuttavia un primo nucleo di individui abbastanza consistente (7%) che ha ridotto gli acquisti.
Sono questi i principali risultati dell’indagine sui I Cambiamenti nel consumo alimentare ai tempi del Coronavirus realizzata da Digivis assiame a Lorenzo Fanoli per scandagliare i comportamenti di consumo alimentare degli italiani durante la fase del lockdown. Si tratta di prima indagine sperimentale realizzata su un campione di persone raggiunte on line attraverso una sorta di passa parola telematico e chiedendo la loro collaborazione alla compilazione di un questionario di 15 domande relativamente ai cambiamenti delle proprie abitudini d’acquisto dei prodotti alimentari e di fruizione del cibo.
Al questionario hanno risposto 229 persone prevalentemente residenti in capoluoghi di provincia (soprattutto a Roma e Milano) in gran parte di condizione socioeconomica media o medio-alta, con un livello di istruzione medio alto (i laureati costituiscono i due terzi del campione) e appartenenti soprattutto a una fascia d’età compresa tra i 51 e i 65 anni. L’insieme degli intervistati NON RAPPRESENTA quindi l’intera popolazione italiana ma costituisce comunque uno spaccato piuttosto significativo delle cosiddette classi medie riflessive urbane.
Dall’indagine emerge così come le limitazioni nei movimenti imposte dai decreti Covid hanno condizionato e stanno condizionando le modalità di acquisito indirizzando i comportamenti verso una concentrazione delle azioni e una semplificazione delle scelte. La stragrande maggioranza degli intervistati (84,5%) ha, perciò dichiarato di aver ridotto la frequenza di acquisti complessivamente effettuato. Nell’ampio gruppo di coloro che hanno ridotto la frequenza di acquisto una larga quota pari complessivamente al 50% di tutti gli intervistati, dichiara di aver incrementato i volumi complessivi di spesa acquistando più prodotti alimentari.
In generale ciò corrisponde a quell’effetto “stock” che ha determinato lunghe file in entrata davanti ai supermercati e carrelli pieni in uscita coinvolgendo la maggior parte degli italiani con un conseguente effetto domino che ha provocato per tutti un allungamento nei tempi di acquisto.
Al questionario hanno risposto 229 persone prevalentemente residenti in capoluoghi di provincia (soprattutto a Roma e Milano) in gran parte di condizione socioeconomica media o medio-alta, con un livello di istruzione medio alto (i laureati costituiscono i due terzi del campione) e appartenenti soprattutto a una fascia d’età compresa tra i 51 e i 65 anni. L’insieme degli intervistati NON RAPPRESENTA quindi l’intera popolazione italiana ma costituisce comunque uno spaccato piuttosto significativo delle cosiddette classi medie riflessive urbane.
Dall’indagine emerge così come le limitazioni nei movimenti imposte dai decreti Covid hanno condizionato e stanno condizionando le modalità di acquisito indirizzando i comportamenti verso una concentrazione delle azioni e una semplificazione delle scelte. La stragrande maggioranza degli intervistati (84,5%) ha, perciò dichiarato di aver ridotto la frequenza di acquisti complessivamente effettuato. Nell’ampio gruppo di coloro che hanno ridotto la frequenza di acquisto una larga quota pari complessivamente al 50% di tutti gli intervistati, dichiara di aver incrementato i volumi complessivi di spesa acquistando più prodotti alimentari.
In generale ciò corrisponde a quell’effetto “stock” che ha determinato lunghe file in entrata davanti ai supermercati e carrelli pieni in uscita coinvolgendo la maggior parte degli italiani con un conseguente effetto domino che ha provocato per tutti un allungamento nei tempi di acquisto.
Il lockdown sta determinando un sensibile cambiamento nei livelli di spesa per l’acquisto di cibo. Sulla base delle interviste sta emergendo una divaricazione di comportamenti di spesa che vede da un lato poco meno di un terzo dei rispondenti registrare una diminuzione degli importi spesi per mangiare ( di cui il 12 % indica una sensibile riduzione) dal lato opposto il 36% indica un aumento delle spese con il 5% che indica una crescita sostenuta. Mentre la quota rimanente pari a circa 1/3 non registra variazioni.